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Опубликовано 2.3.2014 23:25:51
Re: Получит ли вдова гражданство если муж умер?
Cittadinanza, pratica infinita
* O7 k8 H" Z; v) |) XMarito muore, sposa resta straniera" u8 }2 F3 b5 N, t
Verona, 4 anni per la risposta. Il legale: «Un’assurdità». Il cancro più veloce della burocrazia. «Non è colpa mia se mio marito è morto»% J2 N$ h' {$ N" o: t% h
# [8 n. S& p; r( h F- SVERONA — Suo marito si starà rivoltando nella tomba. Colpa della burocrazia che dilata i tempi, di leggi rigide e di giudici costretti ad applicarle con precisione maniacale. «In Italia funziona così», le hanno detto. E questo, Abeer Farag l’ha imparato sulla sua pelle: le hanno negato la cittadinanza perché lo Stato ha impiegato il doppio del tempo a esaminare la sua pratica e, nel frattempo, suo marito è morto. Il cancro sa essere molto più veloce di un funzionario della prefettura. La vicenda si svolge a Verona e vede protagonista una egiziana di 37 anni. Nel 1995 si innamora di Ebrahim che ha 18 anni più di lei e, a dispetto del nome e dei genitori stranieri, è un cittadino italiano a tutti gli effetti (da oltre 30 anni) che lavora in un albergo e abita a Buttapietra, nel Veronese. L’anno successivo i due si sposano e lei lo raggiunge in Italia, dove mettono al mondo due figli. Nel 2008 Abeer chiede la cittadinanza italiana e presenta regolare richiesta alla prefettura di Verona.
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( M0 Y' }6 `( x& M$ y3 R% y«Ci teneva molto e l’ho subito rassicurata sul fatto che non avrebbe incontrato alcun problema: essendo sposata con un italiano aveva tutto il diritto di ottenere la cittadinanza », ricorda l’avvocato Roberto Bonardi, che ha seguito la pratica per conto della donna. Quel che nessuno poteva immaginare, è che la richiesta si sarebbe impantanata negli uffici, sepolta probabilmente sotto le pile di pratiche che ogni giorno si accumulano nelle prefetture. «La Legge prevede un termine massimo di 730 giorni per definire questo genere di richieste», precisa il legale. «È un termine non perentorio il che significa che lo Stato è tenuto a rispettarlo ma, se non lo fa, la decisione resta comunque valida». Nel frattempo la vita della famiglia prosegue tranquilla. Abeer fa la casalinga e segue i due bambini, mentre il marito continua a lavorare come cameriere nell’albergo. Nel 2009 nasce il loro terzo figlio, ma dall’ufficio territoriale del Governo non arrivano novità. L’anno successivo scadono i termini di legge, e il telefono ancora non squilla. Nel febbraio del 2011 sulla famiglia piomba una notizia terribile: Ebrahim ha un tumore al cervello. «Hanno provato a curarlo, è stato sottoposto anche a un intervento chirurgico.
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Ma non ha avuto successo», racconta Abeer. Il decorso del male è fulmineo: sette mesi dopo resta vedova. È il 21 ottobre del 2011 e, in prefettura, ancora nessuno ha preso in esame il fascicolo. Trascorrono altre settimane e, finalmente, la pratica riemerge nel marzo di quest’anno. Ma il risultato è sconcertante: la richiesta di cittadinanza è «inammissibile per mancanza del requisito di permanenza del rapporto di coniugio». Lo spiega meglio la sentenza del Tar, al quale l’avvocato della donna si è appellato. I giudici, l’8 agosto scrivono: «La Legge stabilisce che la cittadinanza italiana per matrimonio viene concessa a condizione che alla data di adozione del provvedimento non sia intervenuto lo scioglimento del matrimonio. Nel caso di specie, essendo il marito deceduto prima dell’adozione del provvedimento, il matrimonio si è sciolto».
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Riassumendo: la prefettura impiega quattro anni (invece di due) per esaminare la pratica, quando finalmente lo fa il marito è morto da cinque mesi e il risultato è che alla vedova viene negata la cittadinanza perché non è più una donna sposata. «È un’assurdità - attacca l’avvocato - la colpa è della lentezza della macchina burocratica ma le conseguenze sono piombate sulla mia cliente». Conseguenze che potrebbero perfino aggravarsi: «In linea teorica, in futuro, potrebbero perfino negarle il rinnovo della carta di soggiorno e quindi dovrebbe lasciare l’Italia». Abeer è ancora scossa. «Non è colpa mia se mio marito è morto, eppure mi hanno negato il diritto di diventare italiana. Era una cosa di cui io e Ebrahim parlavamo spesso, un sogno che stava per avverarsi. E invece è andato tutto storto».
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Andrea Priante* p4 F4 Z5 F" y) e7 L% e' C; w4 J+ Y
27 agosto 2012 + Z2 Z; I+ L+ |* _: v; C
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